Tutti i colori di My Fair Lady. E l’operetta ritorna a teatro
Domani sera alle 21 lo spettacolo proposto dalla Compagnia Corrado Abbati
Il regista: «Soltanto una scena sarà fedele alla storica versione di Cukor»
Inaugura la stagione dell’operetta, domani alle 21 al Teatro Fraschini, con la versione di “My Fair Lady” proposta dalla Compagnia Cotrado Abbati, che, con indiscussa maestria di decenni di carriera, dosa gli ingredienti fondamentali per una costruzione puntigliosa dello spettacolo, impreziosendo l’allestimento con voci importanti, balletti rutilanti e scene e costumi gioiosi. Tratta da “Pigmalione” di G.B. Show, l’opera ha come filo conduttore la musica vitale e trascinante di Frederick Loewe e, se nel testo originale a farla da padroni erano la parola e i conflitti dialettici, nella versione d’operetta a prendere il sopravvento sono la dimensione della favola e del sogno, il dialogo brioso, i costumi eleganti e una coreografia che amplifica i momenti divertenti e quelli romantici.
Abbati, cosa aggiunge alla tradizione, la vostra versione di My Fair Lady?
«Intanto la riportiamo in teatro, che è il luogo in cui l‘opera è nata. Lo preciso perché quando dici “My fair lady” tutti pensano al film del 1964 diretto da George Cukor. Un capolavoro, eppure in teatro “My fair lady” recupera la sua immediatezza e la sua attualità. Detto questo, non si può prescindere dall’immaginario collettivo, a meno di non voler stravolgere completamente un’opera, quindi, bisogna trovare un modo per fare una cosa nuova, senza rotture».
Lei come ha fatto?
«Ho giocato sui colori, con costumi bellissimi fatti da Artemio Cabassi. Li ho usati come jolly, sono il pezzo forte di questa produzione 2015. Gli accostamenti sono molto diversi da quelli del film, ad eccezione di una scena che ho voluto riprodurre in bianco e nero, fedele alla versione di Cukor».
Recitare e cantare, nell’operetta hanno lo stesso peso?
«Come nell’opera, bisogna saper cantare e recitare bene. La differenza sta nel fatto che in Italia si va all’opera con il fucile spianato, pronti a far notare la prima nota leggermente calante. Grazie al cielo, nell’operetta non è così. Il che non significa che gli interpreti possono essere più rilassati, ma che il pubblico viene con uno spirito che è più rivolto al divertimento e al piacere delle scenografie, che alla singola nota».
Altri aspetti positivi?
«Vengono vederla tutti, a cominciare dalla parrucchiera, dall’impiegato, dalla sarta. E questo per noi significa avere il privilegio di parlare a tutti.»
Perché lo considera un privilegio?
«Lo dice “My Fair Lady”: uno può anche essere ignorante, nel senso che.non sa delle cose perché non le ha mai studiate, ma se ci sono umanità ed eleganza di spirito, quello è per sempre».
Marta Pizzocaro