INFORMAZIONI E APPROFONDIMENTI DEDICATI AL MONDO DELL’OPERETTA E DEL TEATRO MUSICALE IN ITALIA ED EUROPA
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Aperitivo con…l’operetta!

Con due concerti aperitivo d’operetta si conclude il mini ciclo dedicato alla piccola lirica al Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste. Dopo “Il Pipistrello”, inserito nella stagione lirica, è stata la volta di due titoli altrettanto noti e amati dal pubblico, “Lo Zingaro Barone” di Johann Strauss jr. e “Sogno di un valzer” di Oscar Straus. Orchestra e Coro del Verdi al completo insieme ad alcuni cantanti della giapponese Sawakami Opera Foundation si sono cimentati in un “estratto” di arie dalle due operette, sotto la regia di Nicolò Ceriani e Andrea Binetti. Un’interessante esperienza che, se il teatro volesse crederci, potrebbe essere un ritorno dell’operetta a Trieste, per la città e il suo numeroso pubblico e nell’interesse di un turismo sempre più forte ed esigente. Magari da tenersi nella sala maggiore del teatro e non nel suo Ridotto, che ha lasciato una bella fila insoddisfatta al botteghino.

Ma veniamo ai due concerti. Nicolò Ceriani, attraverso una dotta dissertazione, conduce il pubblico attraverso la vicenda settecentesca di lo zingaro barone Sandor, un eroe che potrebbe definirsi moderno, esule che vive la perdita e rinuncia dei propri averi e proprietà, che torna a casa per riprenderne possesso e resta invischiato nelle manovre di Zsupan, un ricco allevatore che nel frattempo si era impossessato dei suoi terreni. Strauss indaga a fondo il mondo dell’impero austro-ungarico in cui vive, musicalmente attraverso l’esaltazione di valzer, marce, canti popolari slavi e csardas. Non manca però di dare anche una lettura critica della società dell’epoca, raccontando di terre delle libertà e del possibile, distanti dalla rigida burocrazia viennese. Il lieto fine è un omaggio al vecchio imperatore e al suo “doppio regno”. Il finale del primo atto, che richiama l’ouverture, un vero e proprio affresco musicale, conclude lo spettacolo, dopo che il racconto ha svelato gli intrighi e la vicende storiche dell’epoca, inclusa quella guerra di Spagna del 1741 a cui tutti gli uomini dell’operetta parteciperanno, e dopo che le arie hanno raccontato i personaggi, come la splendida “Ja, das Schreiben und das Lesen” che nel primo atto svela, quasi una cabaletta, le vere aspirazioni di Zsupan, interpretato dallo stesso Ceriani: “non la lettura e la scrittura (non la firma sul documento che metterebbe a nudo le sue truffe), ma l’osso di prosciutto”.

Secondo ma non meno interessante è l’escursus nell’operetta “Sogno di un Valzer” dello Straus con una s sola. Ricorda Andrea Binetti che il compositore si fece elidere il cognome per non essere confuso con la famosa famiglia. Oscar Straus nasce quarantacinque anni dopo il re del valzer, attraversa tutta la prima metà del 900, ne assorbe il carattere e conosce il mondo di Hollywood, diventando un compositore di colonne sonore per l’industria cinematografica americana. Strauss gli aveva suggerito di dedicarsi alla più remunerativa attività di comporre per il teatro. L’Ouverture della sua operetta più famosa è dolcissima e romantica prima di aprirsi nella celebrazione della gaia spensieratezza. Gianni Gori, esperto musicale triestino, la definì “una di quelle operette che vogliono piacere a tutti i costi”. Racconta di un matrimonio combinato tra un borghese e una principessa, dell’impossibilità di comprendersi dei due per il loro modo assolutamente opposto di vivere la vita: lui vuole godersela, lei è tutta presa dalle ingessate regole della nobiltà. Straus racconta quindi un mondo che cambia, perché alla fine i due si incontreranno, metterà la testa a posto il tenentino viennese, si scioglierà nell’amore senza convenzioni la donna tedesca.

In scena oltre a Nicolò Ceriani e Andrea Binetti, all’Orchestra e al Coro del Verdi, diretto da Fulvio Fogliazza, i giovani direttori Tommaso Dionis e Jacopo Brusa, e il tenore Motoharu Takei, i soprani Kaoruko Kambe e Namiko Kishi, e il mezzosoprano Yumeji Matsufuji.

Non giova riflettere in questo caso sulle qualità delle esecuzioni, pur volendo segnalare come il giovane tenore giapponese Motoharu Takei dimostri di aver compreso appieno lo spirito dell’operetta e dei suoi ruoli, prendendone possesso con forza interpretativa e proprietà espressiva anche di linguaggio. Importa il nuovo percorso avviato dal teatro lirico triestino e che possa essere nel futuro ripreso. Ci sono peraltro al suo interno professionalità che affianco ad interpreti locali più esperti come Binetti e Ceriani e altri ancora, possono riaccendere i riflettori sull’operetta triestina, prima che un patrimonio costruito nei decenni vada definitivamente perso.

Rossana Poletti

Aperitivi_d_Operetta

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