INFORMAZIONI E APPROFONDIMENTI DEDICATI AL MONDO DELL’OPERETTA E DEL TEATRO MUSICALE IN ITALIA ED EUROPA
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Nascerà a breve la prima ACCADEMIA ITALIANA DELL’OPERETTA

diretta da Corrado Abbati

E’ stata annunciata la volontà di istituire, per la prima volta in Italia, una scuola di formazione ed approfondimento sul teatro musicale d’operetta, cercando quindi di salvaguardare, far conoscere e diffondere un patrimonio specifico della nostra cultura teatrale, altrimenti destinato ad essere facilmente dimenticato.
L’attività di questa nuova scuola che si chiamerà Accademia Italiana dell’Operetta sarà finalizzata ad una preparazione multidisciplinare, specifica e competente, di allievi che potranno poi intraprendere, con maggiore profitto, qualsiasi attività professionale nelle arti sceniche. Da diversi anni, infatti, anche in Italia, il teatro musicale in genere (commedia musicale, musical e operetta) ha avuto un notevole sviluppo ed è accresciuta notevolmente la ricerca di giovani artisti validi e preparati in ogni componente dello spettacolo (canto, recitazione, danza).
L’operetta, per la sua stessa storia e natura, costituisce una “palestra” ineguagliabile per ogni artista che voglia cimentarsi in un linguaggio interdisciplinare e che sappia sviluppare, sulle basi di conoscenze specifiche, le proprie capacità personali, nella dinamica di un lavoro di gruppo.
Nell’anno 2016 sarà indetto un primo stage formativo aperto a giovani attori / cantanti / ballerini che volessero sperimentare il linguaggio dell’operetta come elemento di sviluppo delle proprie capacità artistiche e professionali. Lo stage si svolgerà nel mese di ottobre ed avrà la durata di una settimana (dal lunedì al sabato). Sono previste lezioni teoriche, esercitazioni nelle singole discipline (recitazione, canto, danza), laboratorio con prove di uno spettacolo di operetta.
I migliori allievi potranno poi essere successivamente scritturati per alcune parti nei nuovi allestimenti della “Compagnia Corrado Abbati” per la stagione 2016 / 2017
Per informazioni: Inscena srl tel. 0522.455193; inscena@inscena.it

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A Fiume una mostra dedicata all’operetta

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Fiume, la città che D’annunzio occupò con i suoi legionari, grande porto del regno ungherese, arroccata sul territorio scosceso al centro del golfo del Quarnero, ospiterà la mostra storica dell’operetta “Tu che m’hai preso il cuor- Da Trieste e Abbazia all’Europa” La mostra, allestita nei saloni dell’Archivio di Stato dal 19 luglio al 26 agosto, illustra la storia dell’operetta a Trieste dalla metà dell’800 ai giorni nostri e racconta il Festival di Abbazia che si inaugurò nel 1935 e si spense agli albori della seconda guerra mondiale.

 

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Aperitivo con…l’operetta!

Con due concerti aperitivo d’operetta si conclude il mini ciclo dedicato alla piccola lirica al Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste. Dopo “Il Pipistrello”, inserito nella stagione lirica, è stata la volta di due titoli altrettanto noti e amati dal pubblico, “Lo Zingaro Barone” di Johann Strauss jr. e “Sogno di un valzer” di Oscar Straus. Orchestra e Coro del Verdi al completo insieme ad alcuni cantanti della giapponese Sawakami Opera Foundation si sono cimentati in un “estratto” di arie dalle due operette, sotto la regia di Nicolò Ceriani e Andrea Binetti. Un’interessante esperienza che, se il teatro volesse crederci, potrebbe essere un ritorno dell’operetta a Trieste, per la città e il suo numeroso pubblico e nell’interesse di un turismo sempre più forte ed esigente. Magari da tenersi nella sala maggiore del teatro e non nel suo Ridotto, che ha lasciato una bella fila insoddisfatta al botteghino.

Ma veniamo ai due concerti. Nicolò Ceriani, attraverso una dotta dissertazione, conduce il pubblico attraverso la vicenda settecentesca di lo zingaro barone Sandor, un eroe che potrebbe definirsi moderno, esule che vive la perdita e rinuncia dei propri averi e proprietà, che torna a casa per riprenderne possesso e resta invischiato nelle manovre di Zsupan, un ricco allevatore che nel frattempo si era impossessato dei suoi terreni. Strauss indaga a fondo il mondo dell’impero austro-ungarico in cui vive, musicalmente attraverso l’esaltazione di valzer, marce, canti popolari slavi e csardas. Non manca però di dare anche una lettura critica della società dell’epoca, raccontando di terre delle libertà e del possibile, distanti dalla rigida burocrazia viennese. Il lieto fine è un omaggio al vecchio imperatore e al suo “doppio regno”. Il finale del primo atto, che richiama l’ouverture, un vero e proprio affresco musicale, conclude lo spettacolo, dopo che il racconto ha svelato gli intrighi e la vicende storiche dell’epoca, inclusa quella guerra di Spagna del 1741 a cui tutti gli uomini dell’operetta parteciperanno, e dopo che le arie hanno raccontato i personaggi, come la splendida “Ja, das Schreiben und das Lesen” che nel primo atto svela, quasi una cabaletta, le vere aspirazioni di Zsupan, interpretato dallo stesso Ceriani: “non la lettura e la scrittura (non la firma sul documento che metterebbe a nudo le sue truffe), ma l’osso di prosciutto”.

Secondo ma non meno interessante è l’escursus nell’operetta “Sogno di un Valzer” dello Straus con una s sola. Ricorda Andrea Binetti che il compositore si fece elidere il cognome per non essere confuso con la famosa famiglia. Oscar Straus nasce quarantacinque anni dopo il re del valzer, attraversa tutta la prima metà del 900, ne assorbe il carattere e conosce il mondo di Hollywood, diventando un compositore di colonne sonore per l’industria cinematografica americana. Strauss gli aveva suggerito di dedicarsi alla più remunerativa attività di comporre per il teatro. L’Ouverture della sua operetta più famosa è dolcissima e romantica prima di aprirsi nella celebrazione della gaia spensieratezza. Gianni Gori, esperto musicale triestino, la definì “una di quelle operette che vogliono piacere a tutti i costi”. Racconta di un matrimonio combinato tra un borghese e una principessa, dell’impossibilità di comprendersi dei due per il loro modo assolutamente opposto di vivere la vita: lui vuole godersela, lei è tutta presa dalle ingessate regole della nobiltà. Straus racconta quindi un mondo che cambia, perché alla fine i due si incontreranno, metterà la testa a posto il tenentino viennese, si scioglierà nell’amore senza convenzioni la donna tedesca.

In scena oltre a Nicolò Ceriani e Andrea Binetti, all’Orchestra e al Coro del Verdi, diretto da Fulvio Fogliazza, i giovani direttori Tommaso Dionis e Jacopo Brusa, e il tenore Motoharu Takei, i soprani Kaoruko Kambe e Namiko Kishi, e il mezzosoprano Yumeji Matsufuji.

Non giova riflettere in questo caso sulle qualità delle esecuzioni, pur volendo segnalare come il giovane tenore giapponese Motoharu Takei dimostri di aver compreso appieno lo spirito dell’operetta e dei suoi ruoli, prendendone possesso con forza interpretativa e proprietà espressiva anche di linguaggio. Importa il nuovo percorso avviato dal teatro lirico triestino e che possa essere nel futuro ripreso. Ci sono peraltro al suo interno professionalità che affianco ad interpreti locali più esperti come Binetti e Ceriani e altri ancora, possono riaccendere i riflettori sull’operetta triestina, prima che un patrimonio costruito nei decenni vada definitivamente perso.

Rossana Poletti

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Grande debutto di “Vittoria e il suo Ussaro” al Festival di Mörbisch

Vittoria&Ussaro

 

Ha debuttato il 7 luglio con grande successo al Festival estivo di Mörbisch, in Austria, “Vittoria e il suo Ussaro” grande operetta – rivista di Paul Abraham.

Come sempre lo sfarzoso allestimento appositamente creato per il palcoscenico sull’acqua del lago ha decretato un grande consenso da parte del pubblico che non ha mancato di accorrere, ancora una volta, a questo ormai irrinunciabile appuntamento con la grande operetta europea. Repliche fino al 16 agosto.

 

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IL MINISTERO NON RICONOSCE L’OPERETTA COME GENERE TEATRALE AUTONOMO

La risposta del Ministero per i beni e le attività culturali alla interrogazione dell’On. Vanna Iori

La risposta all’interrogazione in Commissione Cultura della Camera, presentata dall’On. Vanna Iori in difesa dell’operetta e contro la mancata erogazione dei fondi FUS (Fondo Unico Spettacolo) a questo genere di spettacolo, ha ricevuto risposta giovedì 7 luglio da parte del sottosegretario del MIBACT Antimo Cesaro. Da quanto affermato nel testo si evince che al Ministero non hanno ben presente cosa sia l’operetta, arrivando ad affermare che la Commissione ministeriale ha accolto “proposte artistiche e progettuali che coniugano comunque forme espressive musicali e di canto con quelle del testo. Pertanto appare improprio voler concludere (…)che sia stata esclusa una intera categoria”.

Bisognerà ora dimostrare al Ministero e soprattutto alla Commissione consultiva per la prosa, la specificità dell’operetta come genere teatrale autonomo, con una lunga tradizione in Italia (anche Mascagni, Leoncavallo, Giordano… si cimentarono con l’operetta) e, soprattutto, che è ben diversa da una commedia con musiche o da un moderno musical!

Da segnalare inoltre che il TAR del Lazio ha recentemente accolto i primi due dei 120 ricorsi contro il Decreto Ministeriale che assegnava i contributi a favore dello spettacolo, dimostrando che tale decreto non poteva stabilire nuovi criteri di assegnazione del FUS e pertanto è da ritenersi nullo. La cancellazione del Decreto Ministeriale ha creato un vero terremoto nel mondo dello spettacolo dal vivo perchè in grado bloccare ogni finanziamento.

Il Ministro Franceschini ha, comunque, ottenuto dal Consiglio di Stato la sospensiva della sentenza, peraltro indispensabile per evitare la paralisi totale del mondo dello spettacolo.

Restiamo ora in attesa di nuovi sviluppi, che certamente non mancheranno, per il bene del teatro (e dell’operetta) in Italia.

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IL PIPISTRELLO DI TRIESTE NON CONVINCE

Pipistrello

Il Pipistrello, ultimo spettacolo della stagione lirica in scena al Verdi, poteva essere l’occasione di un ritorno della tradizione operettistica a Trieste. Ci siamo illusi che lo spettacolo, affiancato da un paio di concerti di “sostegno”, potesse costituire il risveglio istituzionale verso un genere che è stato momento di gloria e orgoglio per la capitale italiana della piccola lirica. Il pubblico c’è e lo ha dimostrato riempiendo il Politeama Rossetti in ben due diversi galà, andati in scena in aprile e ai primi di giugno. Al Verdi di Trieste manca ormai da tempo lo spirito e la consapevolezza dell’identità della città giuliana. Sembra quasi che guardare al proprio passato sia vissuto come un peccato verso il futuro, strano che ciò avvenga dopo che un articolo sul Wall Street Journal abbia decantato proprio questo enigmatico fascino antico della città e dopo che mezzo mondo letterario, non solo italiano, abbia indagato sulla eccezionalità di Trieste. Dopo de Banfield e Gilleri senior si è via via rinunciato a celebrare la peculiarità della città, mettendo in discussione il senso dell’esistenza di un teatro lirico.

Abbiamo visto un Pipistrello privo di significato, spento e a tratti addirittura noioso. Cosa si fa se non si hanno idee? Ovvio, si cerca di stupire. E’ diventato uno sport nazionale, lo fanno i ragazzi che si tatuano, quelli che si rasano le teste lasciandosi una cresta stile “ultimo dei mohicani” e lo fanno i registi che non sanno a che santo votarsi: come potrebbe spiegarsi altrimenti una scena che rappresenta un giardino d’inverno con tanto di giraffa e leone a grandezza reale, con palme, cespugli e piante di fronte ad una piazza Unità, cuore pulsante della città, in preda a una nevicata copiosa. Un giardino d’inverno in una collocazione in cui nella realtà c’è il mare che fu così importante per l’impero asburgico. Chi ha pensato e riscritto questo spettacolo dimostra di non aver capito niente di Strauss, di Vienna, dell’operetta e di Trieste. Fa cantare e recitare in tedesco, ma a Trieste tutti quanti parlavano il dialetto, come il veneziano era la lingua franca della città, nell’Adriatico si capivano così e non c’erano distinzioni tra ceti sociali. E quindi ancor meno si può scegliere di far parlare il tedesco ai ricchi nobili, far dire qualche parola in italiano alla cameriera e alla sorella ballerina, e poi creare un’unica peraltro divertente e riuscita gag, per merito dei suoi interpreti, tra il carceriere ubriaco che parla solo il dialetto e il suo capitano che del triestino non capisce neppure una parola. Anche la scena dell’orgia nella casa del principe Orlosky, che non c’è nella scrittura originale, è senza vita e toglie azione alla beffa ordita da Falke contro l’“amico” Eisenstein. L’operetta ha un programma musicale di tutto rispetto, partendo dalla splendida “Ouverture” che apre immediatamente allo splendido mondo viennese di fine secolo e conclude con l’altrettanto gioioso inno allo “Champagne” e alla gioia di goderne. Attraversa arie romantiche, csardas e pagine scanzonate come “Spiel’ ich die Unschuld vom Lande” di Adele. Il direttore però manca di dare forza e vigore ai più bei valzer nella storia della musica, che valsero a Strauss il titolo di “re”. Non ci sono i ballerini e i sontuosi vestiti delle dame che volteggiavano gaudenti e spensierate. Manca la percezione di cosa fosse la musica a quel tempo, nell’impero e a Trieste dove Strauss veniva a dirigere personalmente le sue composizioni. Non sono sufficienti le buone prove dei cantanti a far decollare questa rappresentazione, che appare confusa. Il pubblico applaude perché la musica è comunque tanto bella e gli artisti capaci di sostenere egregiamente il doppio ruolo di cantante e attore. Straordinaria la prova di Fulvio Falzarano (Frosch), che recitare un testo in dialetto, privo delle consuete banalità, forse l’unico vero frammento di Trieste. Unico pezzo da operetta quello interpretato da Eisenstain, la moglie Rosalinde e l’avvocato Blind (Andrea Binetti, paladino dell’operetta triestina), coinvolti in una musicale lite furibonda, con la coppia che cerca di parare fuori dalla porta il leguleio incolpato di aver fatto appioppare tre giorni di carcere in più al nobile, accusato di aver preso a schiaffi un usciere. Perché “l’Austria era un paese ordinato”.

Dirige l’Orchestra del Verdi Gianluigi Gelmetti, con la regia di Daniel Benoin. Ottima la presenza del Coro diretto da Fulvio Fogliazza. In scena Christoph Strehl (Eisenstein), Mihaela Marcu (Rosalinde), Merto Sungu (Alfred), Lina Johnson (Adele), Daniela Baňasová (Orlofsky), Zoltan Nagy (Falke), Horst Lamnek (Frank), Fulvio Falzarano (Frosch), Simonetta Cavalli (Ida), Andrea Binetti (Blind).

 

Rossana Poletti

pipistrelloTrieste

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Questo website si propone come nuovo strumento di informazione e comunicazione essenzialmente dedicato al mondo dell’operetta e del teatro musicale in Italia. In una realtà, come quella italiana, dove viene spesso trascurato un genere di spettacolo come l’operetta, che pure ha una lunga tradizione e una grande popolarità, ci è parso necessario tenere vivo l’interesse e soprattutto stimolare la curiosità di chi si avvicina a questa forma di teatro o vuole approfondirne la conoscenza.
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